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GLI IDILLI, LA CANZONE AL MAI EC. 147 del 1819 a Pesaro, e ne seguì un processo, pel quale il chirurgo fu condannato a sette anni di galera.* Se ne sparse la notizia nei luoghi vicini, e chi sa come fu raccontato al Leopardi! L'impressione ch'egli n'ebbe fu, come appare dal titolo della canzone, che il seduttore desse commis- sione al cliirurgo di uccidere la donna col feto ; ciò che non pare possibile. Il poeta non vide in quei due uomini clie due belve, due orsi (così li chiama), e nella donna una infelice che ebbe la sventura di < svegliar dolce fiamma in basso core. > Il volgo, dice il poeta chiudendo la canzone, accuserà del misfatto l'amore, ma a torto : colpevoli sono soltanto il destino e la viltà umana: l'amore e la bellezza sono l'unico bene della vita. Altri amor biasmi, io no che se nel primo Fiorir del tempo giovanil non sono Appien di viver lasso, M'avveggio ben che di suo nume è dono. Si capisce come il Leopardi, data la sua irritabi- lità nervosa, data la bontà dell'animo suo, e il con- cetto che aveva dell'amore e della bellezza, si com- movesse alla narrazione del triste fatto, e si sentisse spinto a fulminare co' suoi versi il carnefice nefando (com'egli chiama il chirurgo) e Vamante scellerato. Invano, dice a quest'ultimo, la terra coprirà il tuo misfatto ; io con la ultrice mano lo trarrò fuori alla luce del sole e al pianto degli uomini. E credendo comuni- care ai lettori la sua commozione, descrive la opera- zione cui la donna fu sottoposta, e il misero scempio che fu fatto delle carni di lei ; ma ciò non commuove, disgusta. Se la lingua e la verseggiatura di questa canzone potranno sembrare a taluno letterariamente lodevoli,

  • Vedi Mestica, Studi leopardiani, pag. 175 e seg.