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146 CAPITOLO Vili. avanti. Altri critici, cercando chi fosse la donna per la quale era stata composta, misero innanzi il nome di Teresa Fattorini ; ma s'ingannarono anch'essi. Da una lettera dedicatoria, che trovasi fra le carte na- poletane, e rimase ignota al D'Ancona e al Viani, risulta che la giovane inferma guarì, e che appar- teneva a famiglia di condizione agiata ed in rela- zione con la famiglia Leopardi. Non è improbabile che fosse, come il Mestica suppone, quella Serafina Basvecchi, di cui è menzione nel capitolo quinto. La canzone è una serie di lamenti e di riflessioni dolorose sulla morte della bellezza e della gioventiì e sulla tristizia del mondo; lamentazioni e riflessioni un po' monotone e fredde, svolte in istrofe di stile più o meno petrarchesco e classicamente corretto, nelle quali non scoppia mai, dal principio alla fine, un accento di commozione vera. Il poeta avrtl certa- mente provato dolore per la malattia della giovane, ma non è riuscito a trasfonderlo nei suoi versi, i quali perciò rimangono una pura esercitazione lette- raria. Non altro ò la canzone Ver donna malata. Peggio ancora quella Su lo strazio.^ Potrà parere strano che il Leopardi si lasciasse tentare dal fatto avvenuto a scrivere questa seconda canzone, perchè da qualunque lato il fatto si con- sideri, i)arc diflicilc trovarvi qualche cosa di poetico. Non c'ò, secondo me, niente di più volgare e di più ripugnante a qualsiasi maniera di idealizzazione. Una giovane donna, lasciatasi noli' assenza del marito sedurre, e rimasta incìnta, quando sa clie il marito sta per tornare si risolve, d'accordo con l'amante, a sopprimere il frutto dell' illecito amore, sottoi)o- nendosi ad una operazione chirurgica, nella quale riiuane uccisa. Il triste fatto avvenne nel gennaio
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nnpok'tniio, ora in corvo di kininpn.