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142 | capitolo vii. |
le sue qualità fisiche e morali, i suoi sogni, le sue considerazioni su la vita e sul mondo, aneddoti della sua fanciullezza e della prima gioventù; seconda categoria: ricordi concernenti altre persone, fra le quali alcune donne; terza: impressioni di cose vedute, paesaggi e scene dal vero, accennati spesso con poche parole.
Dei ricordi della prima e seconda categoria i lettori hanno già avuto un saggio nel secondo e nel quinto capitolo di questo libro; tuttavia mi piace riferirne ancora uno della prima, per la sua singolarità. «Tenerezza di alcuni miei sogni singolare, movendomi affatto al pianto (quanto non mai maissimo m’è successo vegliando) e vaghissimi concetti, come quando sognai di Maria Antonietta e di una canzone da mettergli in bocca in una tragedia che allora ne concepii, la qual canzone per esprimere quegli affetti ch’io aveva sentiti, non si sarebbe potuta fare se non in musica senza parole.»
Questa tragedia, della quale faremo parola a suo luogo, fu non solamente concepita, ma cominciata nel luglio del 1816.
Più importante ci sembra un ricordo, appartenente alla terza categoria, col quale chiuderemo questi brevi cenni sul manoscritto degli Appunti e Ricordi.
«Io era malinconicissimo, e mi posi a una finestra che metteva sulla piazzetta ec.: due giovanotti sulla gradinata della chiesa abbandonata ce, erbosa ec., sedevano scherzando sotto al lanternone ce, si sballottavano ec. Comparisco la prima lucciola ch’io vedessi in quell’unno ce; uno dei due s’alza, gli va addosso ce; io domandava fra me misericordia alla poverella, l’esortava ad alzarsi ce, ma la colpì e gittò a terra e tornò all’altro ec., Intanto la figlia del cocchiere ec., alzandosi da cena e affacciatasi alla finestra per lavare un piattello, nel tornare dice a quei dentro: — stanotte piove davvero. Se vedeste che