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lo «zibaldone» e gli «appunti ec.» | 139 |
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Nel capitolo secondo, parlando della fanciullezza, e nel quinto, parlando dei primi amori del Leopardi, riferii alcuni appunti e ricordi di lui da un manoscritto delle carte napoletane ora in corso di stampa. Gli appunti sono scritti l’uno di seguito all’altro, senza nessun segno di divisione, o d’interpunzione, salvo qualche virgola dove un appunto finisco e comincia un altro, senza nessun ordine, in otto piccoli foglietti di carta, diseguali di forma e di dimensione, con carattere minutissimo, ed occupano per intero le due pagine di ciascun foglietto. Probabilmente manca qualche foglietto dopo i primi sei, poichè fra essi e gli ultimi due apparisce qualche lacuna. Il manoscritto, come appare da alcune date che vi si leggono, deve essere dell’anno 1819, e tirato giù, in pochi giorni, senza grande intervallo di tempo fra l’uno e l’altro. Perchè il lettore abbia un’idea di questo singolare manoscritto, ne riferirò per saggio le prime linee del primo foglietto.
«S. Cecilia considerata più volte dopo il pranzo desiderando e non potendo contemplar la bellezza, baci dati alla figlia e sospiri per la vicina partenza che senza nessuna mia invidia pur mi turbavano in quel giuoco a cagione ec., prevedo ch’io mi guasterei coi cattivi compagni coll’esempio massimamente ec., e perciò che nessun uomo non milenso non è capace di guastarsi, mal d’occhi e vicinanza al suicidio, pensieri romanzeschi alla vista delle figure del Kempis e di quelle della piccola storia sacra ec., del libro dei santi mio di Carlo e Paolina del Goldoni della storia santa francese, dei santi in rami dell’occhio di Dio in questa miniatura, mio disprezzo degli uomini massime nel tempo dell’amore e dopo la lettura