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138 | capitolo vii. |
seau, che cioè gli uomini, creati dalla natura per essere buoni e felici, erano stati corrotti dalla civiltà.
Proseguendo nella lettura dello Zibaldone, ci troviamo il processo e il compimento di quella trasformazione della coscienza leopardiana, della quale finora abbiamo veduto l’inizio; ci troviamo, in forma meno perfetta, e talora quasi in embrione, pensieri che poi sono divenuti la sostanza principale delle opere dell’autore; ci troviamo i germi e i materiali di altre opere, che gli fu impedito di compiere dalla mancanza di salute e dalla brevità della vita.
Di alcune di queste opere (lo vedremo a suo tempo) è cenno in una lettera del marzo 1829 a Pietro Colletta; di altre sorprendiamo i titoli negli indici dello Zibaldone scritti dallo stesso Leopardi: di queste, ad esempio: Trattato delle passioni, Manuale di filosofia pratica, Teorica delle arti e delle lettere, Memorie della mia vita. Sotto ciascuno di questi titoli sono richiamati, col numero della pagina, tutti i pensieri dello Zibaldone che dovevano fornire materiali a ciascuna di queste opere. Probabilmente i pensieri raccolti sotto il titolo Memorie della mia vita dovevano servire, almeno in parte, a quella Storia di un’anima, della quale il Leopardi non scrisse che un breve proemio e queste poche parole: «Nacqui di nobile famiglia in una ignobile città delle Marche.»1
Noi non dobbiamo faro un esame dell’intero Zibaldone, che è stato già fatto egregiamente da altri, e che qui sarebbe inopportuno: ci basti avere accennato a quello parti di esso, che, mentre bastano a dimostrarne l’importanza, giovano ad illustrare la vita del nostro autore nel punto di essa al quale siamo giunti. Parleremo in seguito delle altre parti, quanto ci parrà utile allo scopo del nostro lavoro.
- ↑ Dalle carte napoletane in corso di stampa.