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Miei cari Figliuoli,

Quando cominciai questo libro, dubitavo forte se lo avrei potuto finire. Giunti ad una certa età, non si ha più diritto di fare assegnamento sul tempo, il quale non appartiene a noi, ma al destino. Sapendo ciò, e tenendomi pronto alla chiamata di questo misterioso Signore delle cose umane, stavo sempre con un po’ di paura di sentirla prima d’aver finito. Per ciò sarebbe stato meglio non cominciare; ed anche per isfuggire al pericolo di sentirmi rimproverare la dimenticanza dell’ammonimento oraziano:


     Solve senescentem mature sanus equum, ne
     Peccet ad extremum ridendus, et ilia ducat.


La scusa di non essermi saputo acconciare in questi tardi anni all’ozio, non vale; perchè non è lecito, per risparmiare noia a sè, procurarla altrui.

Ma voi, figliuoli miei, che mi volete bene, e siete assuefatti, non dirò a sopportare con pazienza, ma ad ascoltare volentieri le mie