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102 | capitolo v |
male, in casa sua si mangiava allegramente; e che non ebbe neppure il bene di morire tranquillamente, ma finì straziata da fieri dolori.1
Queste note non sembrano prese con l’intendimento di scrivere poesie d’amore. Per allora il poeta non scrisse niente; ma quando dieci anni più tardi l’immagine di Teresa gli rifiorì nella mente, ella non seppe dettargli altro che un gentile compianto sulla speranza sua giovanile, morta anch’essa anzi tempo come la povera tessitrice.
Il poeta dovè conoscere Teresa assai prima d’innamorarsi della Cassi. La famiglia del cocchiere abitava una povera casetta di faccia al palazzo Leopardi. È naturale che Giacomo facesse attenzione a lei fin da ragazzo, quando passava le intere giornate in biblioteca a studiare; ed è naturale che quando a diciotto anni si svegliò in lui il desiderio della bellezza femminile, si compiacesse a guardarla, tanto più se ella, oltre la freschezza della prima gioventù, aveva, come dicono, qualche cosa di gentile nell’aspetto. Ma guardava lei come tutte le altre donne che gli capitavano dinanzi; come guardava, in mancanza d’altro, delle figure di donna dipinte. Nei citati Appunti e Ricordi si legge: « Santa Cecilia considerata più volte dopo il pranzo, desiderando e non potendo contemplar la bellezza. »
In questo tempo, poco prima o poco dopo l’amore per la Cassi, egli era, si può dire, innamorato di tutte le donne, senza amarne in particolare nessuna, senza che forse dicesse a nessuna una parola d’amore. Gli bastava di vederle, di guardarle, di riceverne un sorriso o un saluto, quando le conosceva. So passavano senza fare attenzione a lui, ne sentiva dispiacere: se invece lo salutavano, era felice; o quella felicità gli popolava di dolci visioni le notti.
- ↑ Citati Appunti e Ricordi nelle carte napoletane