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cere. Proprietario di case, ed uno di quelli grossi, era il S. Giuliano del suo paese29. Pane e birra, alla sua tavola, erano sempre della migliore qualità30; nessuno aveva in cantina le botti di vino che aveva lui, e in casa sua c’era sempre pronto, a tutte l’ore, qualche buon piatto, cotto al forno, di pesce o di carne, e in grande abbondanza. Da mangiare e da bere gli pioveva in casa d’ogni parte, con tutto ciò che di piú squisito si può desiderare. Il suo pranzo e la sua cena variavano col variare delle stagioni. Teneva ad ingrassare in gabbia molte buone pernici, nel vivaio nuotavano a dozzine le regine e i lucci: e guai al cuoco, se la salsa non era piccante e saporita, se in cucina non andava tutto come un orologio. Nel suo salotto da pranzo c’era sempre la tavola apparecchiata, dalla mattina alla sera.

In consiglio la faceva sempre da padrone, come quegli che era stato, non so quante volte, deputato della provincia. Alla cintola, che era bianca come latte appena munto gli pendeva una daga e una borsa