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prefazione. lvii

preso il soggetto di qualche antico racconto del genere1 trasformandolo nella sua spiritosa caricatura; ma l’affermazione del Hurd2 che esistesse un vecchio cantare intitolato The boke of the Giant Olyphant and Chylde Thopas, del quale il poeta si sarebbe servito, è assolutamente infondata3.

Della mia traduzione poco debbo dire. Ho preferito la forma in prosa perché, ad ogni modo, mi è sembrato minore colpa fare della prosa mediocre che della poesia cattiva. Per mantenere al racconto, piú che fosse possibile, quella forma semplice e popolarmente spigliata che il Chaucer ha voluto dare alle sue novelle, ho cercato di restare, fin dove ho potuto, fedele alla espressione del poeta, senza preoccuparmi troppo di certe durezze di stile che mi saranno, spero, facilmente perdonate. L’edi-

  1. Cfr. Hertzberg, op. cit.
  2. In Letters on Chivalry and Romance. Cfr. Lounsbury, op. cit. II, 245. Egli, del resto, ha il merito di essere stato il primo, o uno dei primi, a dimostrare che il racconto di Ser Thopas va inteso come una parodia dei cantari cavallereschi.
  3. Cfr. Tyrwhitt, op. cit. e Ritson op. cit.