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note. 331


(48) Non so se questa espressione renda, in qualche modo, lo “spiced conscience„ del testo, tutt’altro che chiaro, che il Tyrwhitt confessa di non capire assolutamente. L’Hertzberg traduce, “That mit Gewissensskrupeln nicht breit.

(49) Per maggiore chiarezza non ho mantenuto, traducendo, l’ordine preciso con cui il poeta nomina qui gli ultimi personaggi del suo prologo: ho seguito invece quello nel quale ce li descrive poi singolarmente. Il sompnour (summoner), che io ho reso in italiano con cursore e usciere del tribunale ecclesiastico, era un impiegato che aveva l’ufficio di citare, come dice il nome stesso, davanti alla severa corte dell’arcidiacono, coloro che si erano resi colpevoli verso le leggi ecclesiastiche, custodi a dire il vero non troppo intemerate della pubblica morale. Questo personaggio, nel quale il Chaucer fa un’arguta satira degli usi e degli abusi religiosi del suo tempo, è una delle macchiette piú riuscite e geniali della lunga schiera di cavalieri che ci sfilano davanti, gaiamente novellando, sulla via di Canterbury.

(50) Il mugnaio qui descritto dal poeta è il vero prototipo di quella classe che nel medio evo era proverbialmente nota per la consumata abilità di rubare. Secondo l’uso che anche oggi rimane in molti luoghi, il padrone del mulino, invece di denaro, si prendeva a titolo di paga, una certa misura di fiore per ogni sacco macinato. E questo dicevasi, con parola del mestiere, tollen (toll o take toll). Pare, quindi, che l’onesto mugnaio non contento di mettere le mani nel sacco del grano (wel cowde he stele corn) prima di macinarlo, si prendesse poi tre misure di farina (tollen thries) invece di una.