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xxii | prefazione. |
buon gusto nel far suo il materiale della Teseide.
Con tutto ciò non si può negare, certamente, che egli abbia portato nell’argomento della favola di Palemone e Arcita qualche nota personale, e modificazioni talvolta felici ed opportune come quelle notate, insieme col Tyrwhitt1, dallo Skeat e dall’Hertzberg2. Il Chaucer era troppo poeta nel fondo dell’anima, per fare nella sua novella un semplice sunto in versi dell’originale onde la tolse.
Quanta poesia in questa breve descrizione dei primi albori del mattino:
“The busy larke, messager of daye,
Salueth in hire song the morwe gray;
And fyry Phebus ryseth up so bright,
That all the orient laugheth of the light,
And with his stremes dryeth in the greves
The silver dropes, hongyng on the leeves.„3