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novella del giureconsulto. | 189 |
punizione, che non permettesse a Costanza di rimanere nel suo regno piú di tre giorni e la quarta parte di una marea.
Aggiungeva che la mettesse, col bambino e con tutta la sua roba, nello stesso bastimento in cui era stata trovata, e la spingesse lungi da terra, ordinandole di non farsi piú vedere. — O mia Costanza, ben doveva l’animo tuo sentir paura e soffrire sognando, allorchè Donegilda macchinò quest’infamia.
Il messaggio la mattina svegliatosi prese la via pel castello, e portò la lettera al Castellano, il quale quando la lesse non potè fare a meno di dire: “Ahimé, ahimé! Cristo Signor nostro, come può durare questo mondo con gente cosí piena di malvagità?
Dio possente, se questo è il tuo volere, poichè tu sei giudice infallibile, come puoi tu permettere che muoia l’innocenza, e la gente malvagia regni in prosperità? — O buona Costanza, ahimé, povero me, io debbo essere il tuo carnefice, o morire di una vergognosa morte, senza scampo.„
Tutti, giovani e vecchi, quando seppero