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152 | novella del giureconsulto. |
e gli amanti piú illustri. Chi avesse voglia di leggere il suo libro intitolato: La sacra leggenda di Cupido, vi troverà descritte le larghe e profonde ferite di Lucrezia e di Tisbe babilonese, vi troverà la storia di Didone che si trafigge con la spada per causa del traditore Enea, e di Fillide cambiata in albero pel suo Demofoonte. Vi troverà il pianto di Deianira, di Ermione, di Arianna e di Isifile, il nudo scoglio nel lontano mare, dove Leandro affogò per la sua bella Ero, le lacrime di Elena, il dolore di Briseide e di Laodamia, e la tua crudeltà, o regina Medea, che appendesti pel collo i figlioletti per vendicarti di Giasone, l’amante spergiuro. In quello stesso libro egli loda altamente la vostra fedeltà, o Ipermestra, Penelope, Alceste.
Ma naturalmente non fa neppure parola del turpe esempio di Canace che amò, incestuosamente, il proprio fratello, né (Dio ci scampi da certe novelle) ricorda la storia, raccontata da Apollonio Tirio, di quell’infame re Antioco che deflorò la propria figlia, gettandola (orribile a leggersi) a forza