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novella del cavaliere. 139

veglia, né chi, untosi il corpo d’olio, fu il miglior lottatore e si portò meglio riuscendo a battere sempre l’avversario. Non dirò, finalmente, come, finiti i giuochi, tutti se ne ritornarono in Atene, poiché è ormai tempo di venire alla fine di questa lunga novella.

Col tempo, passati alcuni anni, fu stabilito, per comune consenso, che avessero fine i lamenti e le lacrime. Ed allora, se non m’inganno, ebbe luogo un’adunanza in Atene per trattare di alcune questioni particolari, e tra le altre cose si parlò anche di stringere alleanza con non so quali paesi, e di avere, ormai, anche quella dei Tebani. Perciò il nobile Teseo fece chiamare subito Palemone, senza che egli sapesse di che cosa si trattasse; ed il giovine tebano, tutto dolente e vestito a bruno, accorse subito, obbedendo all’ordine di Teseo, il quale intanto aveva fatto chiamare anche Emilia.

Allorché si furono seduti, e si fu fatto intorno silenzio, Teseo aspettando un momento, prima di lasciare uscire una parola dal saggio suo petto, e volto attorno lo