Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
136 | novella del cavaliere. |
funerale riuscisse più splendido e degno, Teseo fece portare tre bei cavalli bianchi bardati di lucido acciaio, e su ciascuno di essi fece montare un cavaliere armato delle armi di Arcita: uno infatti teneva in mano il suo scudo, un altro la lancia, e il terzo l’arco turco ed il turcasso d’oro; e cosí armati i tre cavalieri cavalcavano lentamente e col volto addolorato pel bosco. I più nobili dei Greci che erano in Atene portavano la bara sulle spalle, percorrendo a lenti passi, e con gli occhi rossi e bagnati di pianto, la via principale della città che era tutta parato a nero. A destra del feretro c’era il vecchio Egeo, a sinistra Teseo, e tutti e due recavano vasi d’oro finissimi, pieni di miele, latte, sangue e vino. Dietro loro veniva con un gran seguito Palemone, e quindi Emilia, che, secondo il costume d’allora, portava in mano il fuoco per accendere il rogo.
Tutti erano in faccende per preparare la legna, ed ormai la catasta toccava il cielo con la verde cima, e i tronchi stendevano per una ventina di braccia i loro rami.