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novella del cavaliere. | 135 |
nalzasse un rogo, ed ivi si facessero i sacrifici ed il funerale. Quindi dette ordine di tagliare le vecchie querci del bosco, di spaccarle, e di preparare, coi tronchi, la catasta per il rogo. I suoi ufficiali montarono a cavallo in fretta ed eseguirono subito gli ordini ricevuti. Teseo intanto mandò a prendere una bara, vi distese dentro un drappo d’oro, il più ricco che aveva, e dello stesso drappo vestí Arcita, al quale furono messi i guanti bianchi, una corona di alloro fresco in testa, e una spada lucida ed appuntata in mano. Cosí vestito, Teseo col volto pallido e spaurito lo depose nella bara, e cominciò a piangere amaramente. Poi perché tutti potessero vedere il prode cavaliere, venuto il giorno, lo fece trasportare nella gran sala del palazzo, dove era un continuo via vai di gente che piangeva e gridava.
In questo mentre giunse, tutto addolorato, il tebano Palemone, con la barba incolta, i grigi capelli arruffati, e in abito di lutto; il suo dolore era più forte di quello che tutti gli altri sentivano, ed egli piangeva piú amaramente anche d’Emilia. Perché il