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72 | novella del cavaliere. |
gli parve di vedere, in sogno, Mercurio, l’alato messaggero del cielo, il quale gli disse di darsi pace e stare allegro. Il dio teneva dritta in una mano la boccetta apportatrice del sonno, e un cappello gli cuopriva i capelli luccicanti; era vestito ed armato (Arcita lo guardò bene), proprio come il giorno in cui Argo chiuse i suoi cento occhi nel sonno della morte.3 Arcita, egli disse, tu devi ritornare ad Atene: è destinato che là abbiano fine i tuoi affanni„.
A queste parole Arcita si svegliò con un sussulto. “Ciò che ho inteso, diceva, mi ha messo la febbre addosso: io anderò subito ad Atene. Non ci sarà paura di morte che mi impedisca di rivedere la donna mia, colei che io amo e servo. Davanti a lei non mi curo della morte.„ E cosí dicendo prese un grande specchio, e guardatosi, vide che la sua fisonomia era così cambiata, che egli non era più quello di prima. Allora gli venne una bell’idea: giacché le sofferenze patite lo avevano cosí mal ridotto, bastava che egli si desse un po’ l’aria di una persona di bassa condizione, per non essere ricono-