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novella del cavaliere. 65

sua grazia, mi avrebbe abbastanza ricompensato.

Caro cugino Palemone, soggiungeva, tu hai riportato la vittoria in questa avventura: tu puoi godere ancora ed essere felice chiuso in prigione. In prigione? Che dico? In paradiso. La fortuna ha tirato essa stessa i dadi per te, poiché tu godi la vista di Emilia, ed io ne soffro, invece, la lontananza. Tu almeno, che la vedi ogni giorno, e sei un nobile e valoroso cavaliere, puoi sperare che un caso qualunque (visto che la fortuna è cosí cieca) ti faccia ottenere ciò che desideri. Ma per me che sono esiliato senza speranza di grazia, e mi trovo in mezzo a così grande disperazione che non può darmi aiuto o conforto né la terra, né l’acqua, né il fuoco, né l’aria, né altra creatura da loro formata, per me non ci resta che morire dalla disperazione e dal dolore. Addio vita, addio desiderî, addio felicità, addio tutto!

Ma perché tutti gli uomini si lamentano tanto della divina provvidenza e della sorte, che spesso e volentieri concede loro, o in un modo o in un altro, piú di quello che