Pagina:Chi l'ha detto.djvu/823

[2207-2208] Sfarfalloni 791


Veniamo dunque al teatro, nostrano e straniero. Nel teatro di Molière è rimasta famosa la replica di Sganarello:

2207.   Nous avons changé tout cela.1

(Le médecin malgré lui, a. II, sc. 4
o 6 secondo le ediz.).

Sganarello finto medico, sostiene che il fegato sta a sinistra, il cuore a destra; e a Geronte che si meraviglia di questa straordinaria inversione, risponde imperturbabilmente: «Oui, cela était autrefois ainsi; mais nous avons changé tout cela, et nous faisons maintenant la médecine d’une méthode toute nouvelle.»

2208.   Omeno d’arma.

è frase scherzevole e più spesso beffarda che si usa nell’Italia superiore a designare chi fa il bravaccio per conto proprio o d’altrui o anche semplicemente colui che per professione o per diletto tratta le armi. Viene dalla famosa comi-tragedia scritta da Carlo Porta e Tommaso Grossi per la Canobbiana, Giovanni Maria Visconti Duca di Milano, che ridotta e rabberciata vive ancora nel repertorio dei teatri di ultimo ordine e dei burattini col mutato titolo di Biagio da Viggiù, la ridicola figura in cui s’impersona una delle parti principali dell’azione. Ed è infatti Biagio che in fin dell’atto I (sc. 6) in un soliloquio dice burbanzosamente: «Mi sonto Biaso de Veggiuto, marmorino ona voeulta, adesso omeno d’arma». E più oltre (a. II, sc. 3), presentandosi a Squarcia Girami, confidente del Duca: «Biaso di Viggiuto, piccaprejo una voeulta, e adesso vuomeno d’arma». Si capisce che il povero Biagio, per darsi dell’importanza, si studia di parlare toscano! Si vuole che i due poeti nel comico personaggio di Biagio volessero satireggiare certo abate Gaetano Giudici di Viggiù: ma è più probabile ch’essi intendessero piacevolmente scherzare sul vezzo che hanno molti scalpellini e marmorini di Viggiù (nel Varesotto) di parlar toscano, dopo essere stati nelle altre parti d’Italia o all’estero per molti anni a lavorare dell’arte loro.

  1. 2207.   Noi abbiamo cambiato tutto ciò.