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772 | Chi l’ha detto? | [2173-2175] |
2173. E sei tu che macchiavi quell’anima,
La delizia dell’anima mia....
Che m’affidi e d’un tratto esecrabile
L’universo avveleni per me!
Traditor! che in tal guisa rimuneri
Dell’amico tuo primo la fè!
L’autore di questi bei versi intese di scriverli sul serio: ma nessuno si adatta a ripeterli se non per burla.... ovvero quando l’abbondanza del vino bevuto si espande in sfoghi canori. Si avverta che il popolo canta comunemente: Eri tu che macchiavi ecc. Della storia di questo famoso libretto dirò più oltre (al n. 2217).
2174. Caro, non posso movermi
Sto troppo ben così.
e anche:
2175. Con quel bocchin di zucchero
Col mesto sospirar....
Ah!... il ciel l’ha fatta nascere
Perchè la debba amar.
sono versi, familiarissimi ai nostri nonni e si trovano in Una mascherata di pagliacci, scherzo comico in un atto di Andrea Codebò, scherzo a’ suoi tempi (1861) popolarissimo.
Qui sarebbe il luogo d’inserire qualcuno di quei notissimi intercalari volgari, insipidi sempre, spesso addirittura cretini, talora anche equivoci e scurrili, che nascono chi sa come, sono ripetuti dal popolo con una insistenza stucchevole (non per nulla i francesi li chiamano scies), muoiono dimenticati: ma non li registro sia perchè la loro vita in generale è vita di un giorno, sia perchè quasi mai si conosce il loro autore che è il popolo innominato, quello stesso che ha foggiato i proverbi, ugualmente sbanditi da questa raccolta, come si è detto a pag. 10. Ho fatto nella II parte qualche eccezione per poche frasi nate durante e in occasione della