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742 Chi l’ha detto [2079-2084]


e due di Orazio:

2079.                       Mutato nomine de te
          Fabula narratur.1

(Satire, lib. I, sat. 1, v. 69-70).

2080.   Spectatum admissi risum teneatis amici?2

(Arte poetica, v. 5).

dopo la quale è ovvio di citare quest’altra, di Giovenale:

2081.   Difficile est satiram non scribere.3

(Satira I, v. 30).

2082.   Cujus vulturis hoc erit cadaver?4

(Marziale, Epigr., lib. VI, ep. 62, v. 4).

che dicesi di chi faccia o debba a breve mora fare meritatamente pessima fine.

2083.             Abi hinc in malam crucem!5

(Plauto, Mostellaria, a. III, sc. 2, v. 850).

2084.   Salutem et apostolicam benedictionem.6

è la formula di salutazione con la quale i Pontefici sogliono chiudere le loro bolle. Sembra che il primo che l’usasse comunemente fosse papa Costantino che sedè sulla cattedra di S. Pietro dal 708 al 715. Invece, secondo il Ducange (Gloss. med. et inf. latinit., to. VII, pag. 294) la formola è stata dapprima usata da Gregorio VII (1073-1085), non da Cleto come una volta si diceva; e dalla fine del secolo XI in avanti, divenuta d’uso corrente, ma soltanto nelle brevi epistole e nei rescritti.

  1. 2079.   Sotto nome diverso la favola di te parla.
  2. 2080.   Se foste ammessi a vedere (un tal mostro), tratterreste le risa, o amici?
  3. 2081.   È difficile trattenersi dallo scrivere satire.
  4. 2082.   A quale avvoltoio toccherà questo cadavere?
  5. 2083.   Vattene a farti impiccare.
  6. 2084.   Salute e apostolica benedizione.