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740 | Chi l’ha detto | [2073-2075] |
che è il festoso grido levato dai diecimila greci di Senofonte quando nella loro meravigliosa ritirata giunsero a vedere le rive del Ponto Eussino (Senofonte, Anabasi, lib. IV, cap. 7, § 24).
Alcune ce ne dà la latina letteratura, quali la famosa invettiva che apre la prima Catilinaria di Cicerone:
2073. Quousque tandem, Catilina, abutere patientia nostra?1
di cui si citano talora le due prime parole soltanto; le ultime parole dette da Cesare riconoscendo Bruto fra i suoi assassini:
2074. Tu quoque Brute fili mi?2
che Svetonio (Vita di G. Cesare, § 82) cita in greco: Καὶ σύ, τέκνον; e la frase comunissima:
2075. Ci rivedremo a Filippi.
sotto la qual forma suolsi ripetere un detto di cui l’origine è così narrata da Plutarco nella Vita di Giulio Cesare, § 69. Cito la versione italiana dell’Adriani: «Bruto era in atto di far passar l’esercito da Abido alla riva opposta, e posava, secondo il suo costume, di notte, sotto al padiglione, non dormendo, ma all’avvenire pensando: perchè se fu mai capitano che poco dormisse, egli fu desso, e per sua natura dimorava vigilante il più del tempo: parveli sentire grande strepito alla porta, e guardando al lume della lucerna vicina a spegnersi, vide terribile imagine d’uomo strano, grande e d’orribile aspetto. Di che spaventato in principio, come vide poi non far male, nè parlare, ma tacito starsi appresso al letto, domandò chi fusse. Costui rispose: Sono, o Bruto, il tuo mal genio, e mi rivedrai appresso Filippi.» [Il testo greco dice: Ὁ σός, ὦ Βροῦτε, δαίμων κακός· ὄψει δέ με περὶ Φιλίππους]. «Replicando Bruto arditamente: Ben ti rivedrò; incontanente disparve. Trovandosi poi Bruto a fronte schierato contro Antonio e Cesare nella pianura di Filippi, rimase vittorioso nella prima battaglia con mettere in fuga e cacciare i nimici, e predare gli