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[1979-1981] Frasi d’intercalare comune 717


lo mettevano al fuoco quando egli sedeva a tavola, e dopo dieci minuti lo servivano. Un giorno Rossini entra in casa sopra pensiero e si pone a scriver musica, mentre il cuoco mette sul fuoco il riso. Era pronta la minestra e il grande maestro scriveva le ultime note. Di essa è pure noto (poco fra noi, molto all’estero poiché lo cita anche il Büchmann) il verso:

1979.             Di tanti palpiti.

che è il primo della prima strofa della cabaletta finale. Lo stesso Gioacchino Rossini, in una lettera scherzevole a Tito Ricordi del 12 gennaio 1863 (riprodotta in facsimile nella rivista Ars et Labor, suppl. straord. del novembre 1908, pag. 46) chiamava sè stesso «l’autore della troppo celebre cavatina Di tanti palpiti». Da altre due opere del cigno di Pesaro traggo i seguenti:

1980.   Numero quindici, a mano manca,
Quattro gradini, facciata bianca.

così indica Figaro al Conte di Almaviva la sua bottega nel Barbiere di Siviglia, il capolavoro Rossiniano (a. I, sc. 3), soggiungendo che

Là senza fallo mi troverà.

Racconta Edmondo De Amicis di averla ritrovata nel suo viaggio in Spagna nella strada Francos, che è una delle principali di Siviglia, e dove allora era una piccola bottega di mercante di panni (Spagna, ediz. 1873, pag. 356).

Il libretto del Barbiere di Siviglia è, come ho avuto occasione di notare altre volte, di Cesare Sterbini romano, autore di un altro libretto per Rossini, intitolato Torvaldo e Dorliska, e padre di quel Pietro che si distinse come patriota nei moti politici del ’48 e ’49 come letterato. Il Barbiere fu rappresentato per la prima volta a Roma nel teatro di Torre Argentina per il carnevale dell’anno 1816, ma il titolo fu mutato in quello di Almaviva, ossia l’inutile precauzione, per riguardo a Paisiello che aveva musicato un altro Barbiere, tolto esso pure dalla commedia di Beaumarchais.

1981.   Quella è l’original, questo è il ritratto.

(Cenerentola, parole di Iacopo Ferretti, a. II, sc. 6).