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[1855] | Le frasi storiche della Grande Guerra | 647 |
dino alla guerra franco-tedesca (Milano, 1915): ne dà copiosi cenni biografici (col ritratto), ne narra le ultime gesta, ne descrive gli ultimi momenti (pag. 132, 136, 171) con parole commosse d’amico: e benchè egli pure conosca le parole attribuite al suo Duranti dal Journal Officiel poichè a pag. 285 riporta testualmente la motivazione della citazione all’ordine del giorno, non le ripete nel racconto della fine eroica del valoroso giovine. Il Duranti cadde al Four de Paris la mattina del 5 gennaio: uscì dalla trincea dicendo: «Venite a vedere come muore un garibaldino», e si avanzò sparando la rivoltella; fu subito ferito al cuore e riportato in trincea morì dicendo: «Ah.... muoio.... muoio per la repubblica»: in quella stessa sanguinosa giornata cadeva Costante Garibaldi. Senza escludere in via assoluta la esattezza delle parole del Journal Officiel, è tuttavia molto probabile che le vere siano quelle riportate dall’amico Marabini, Anche in un bel sonetto di Emanuele Sella: L’Argonna, che fa parte del volume: L’Eterno Convito (Roma, Formiggini, 1920):
Con il sorriso sulle labbra muore
Duranti urlando: Italia!...
Come si vede, le risposte grandi, le frasi degne di passare alla storia non sono mancate in ogni classe, ma forse le più belle, ripeto, sono quelle degli umili anonimi. Bellissima, quasi sublime nella sua incosciente semplicità quella dell’ignoto «fante scalcinato» incontrato da Guelfo Civinini al fronte: è un povero contadino meridionale, che nulla sa della guerra che turbina attorno a Ìui, ignora anche i nomi del suo colonnello e del suo maggiore e allorchè l’ufficiale spazientito lo apostrofa: «Ma come, non sai nulla tu? — venne allora la risposta grande. Il fante abbozzò nel viso giallognolo un sorriso umile, e rispose quietamente: Signor tenende.... Nuie tante cose nun ’e sapimmo.... Nuie simmo ca’ per l’avanzata.» (G. Civinini, Il Fante, nel Corriere della Sera, ottobre 1916; e anche in G. Prezzolini, Tutta la guerra, Firenze 1918, pag. 228). Bella anche la risposta data al generale Enrico Caviglia da un ignoto soldato di vedetta sulla Piave nel triste novembre 1917 e che due anni dopo il generale narrava, con l’arte semplice ed efficace dell’uomo d’azione, nel discorso da lui fatto a Milano il 4 novembre 1919 per la prima celebrazione della vittoria: «La