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636 Chi l’ha detto? [1849-1850]


dell’arte musicale non conosce neppure gli elementi, e che certo non si era mai neppure sognato, sino a due mesi fa, di diventare un giorno un compositore: la musica del suo Inno egli dovette dettarla a un amico, battuta per battuta» (ivi, pag. 773). L’Inno comincia:

1849.              Si batterà la carica sull’Alpi,
               Su, coi cannoni! - su, con le mani!
               Le baionette nella schiena ai cani
               Le pianteremo - senza pietà!

Ma a parer mio, assai più popolare - anche perchè cantata molto (qualcuno dice troppo) dopo che la guerra era finita - è la canzone degli Arditi, e specialmente il suo ritornello:

1850.                        Giovinezza, giovinezza,
                         Primavera di bellezza, ecc.

Gli Arditi, com’è noto, furono creati nel giugno 1917 a imitazione delle Sturmtruppen dell’esercito germanico, per iniziativa del colonnello Bassi che ne fu il geniale organizzatore: il primo plotone fu formato a Pradis, presso Cormons e il 29 luglio 1917, a Sdricca di Manzano, fu in forma ufficiale consacrato il I Reparto d’Assalto. Della loro canzone non è facile ricostruire la storia: io mi ci sono molto affaticato ma non sono riuscito a chiarirla completamente. Diciamo subito che l’edizione ufficiale è la seguente: Il canto degli Arditi «Giovinezza Giovinezza Primavera di Bellezza» di G. Castaldo [nell’interno del fascicolo è scritto invece G. Castoldo]. Strofe di guerra raccolte e ridotte da Marcello Manni (Firenze, Manno Manni) - rileveremo più tardi le curiose imprecisioni di questo frontespizio, le quali del resto non meraviglieranno chi conosce la consueta strafalcioneria delle stampe musicali - e sentiamo ora quel che dice sulla storia di questo canto l’autore di uno dei migliori volumi che siano usciti sulle vicende e le gesta dei Battaglioni d’Assalto: Paolo Giudici, Fiamme nere. Note di gloria e di passione (Firenze, 1920, a pag. 48-49):

«Le “fiamme nere” ebbero sì dei poeti, ma non ebbero un poeta ufficiale, non ebbero un Mameli o un Mercantini. La nostra poesia fu quasi tutta popolare, anonima e, appunto perchè tale, fu