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632 | Chi l’ha detto? | [1843] |
stampa di ogni colore al partito socialista di voler sabotare la guerra (e più specificatamente ciò era stato detto dall’on. Bissolati e dall’on. Ettore Ciccotti) rispondeva: «Ora noi dobbiamo respingere energicamente, sebbene con la massima serenità, questo genere di accuse.... Se noi veramente ci occupassimo, in quest’ora
grave, del piccolo giuoco parlamentare.... se ci divertissimo a seccare il prossimo per punzecchiare il Gabinetto, faremmo cosa semplicemente idiota. E se tentassimo, con manovre parlamentari, di danneggiare la nostra guerra, ciò sarebbe insieme idiota e nefando». Ma l’on. Bissolati nella seduta stessa ribatteva: «Quando noi pensiamo, caro Turati, che il vostro partito espelle dal suo seno coloro i quali si rendono colpevoli di appartenere ai Comitati di sussidio o ai Comitati di assistenza civile, e quando nelle vostre riunioni ufficiali e nelle vostre direzioni dite che è reato di violato socialismo anche il soccorrere i feriti e gli ammalati che tornano dalla fronte, voi incontrate responsabilità alle quali io non vorrò applicare i vostri aggettivi di idiote e nefande, ma mi limiterò a dire che, assumendole, voi interpretate assai male gli interessi della nazione, e interpretate assai male gli interessi stessi del socialismo» (Atti Parlam., Cainera dei Deputati, Legisl. XXIV, Discussioni, vol. VIII, pag. 9024, 9028).
Lo stesso on. Turati nell’anzidetta dichiarazione di voto (pag. 9025) aveva affermato: «Quanto alla guerra.... sentiamo il dovere elementare di non fare atto alcuno che possa indebolire il nostro paese». E il medesimo concetto sviluppò più ampiamente in un discorso fatto l’8 agosto 1916 alla Casa del Popolo di Milano per la commemorazione dei morti di parte socialista: «Proclamato l’ intervento, che non fu in poter nostro di deprecare, e impegnato - sia pure ad opera di un governo o debole o fazioso, e con metodi che non saranno mai stigmatizzati abbastanza quando l’ora del giudizio verrà - impegnato ad ogni modo il paese in un’avventura che può mettere a repentaglio l’indipendenza e l’unità; noi - proclamarono, ad una voce, la Direzione, il Gruppo parlamentare, la stampa - non «saboteremo» la vostra guerra, non indeboliremo, direttamente o indirettamente, con fatti positivi, la difesa nazionale; noi concorreremo anzi, volenterosi e senza infingimenti, a lenire, a confortare tutte le piaghe e i dolori che dal disastro scenderanno; ma nessuna corresponsabilità, nessuna complicità col