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620 | Chi l’ha detto? | [1830] |
con ti ne ha visto vinti o paurosi». Il discorso del buon vecchio ci è conservato da parecchi storici, come il Moschini, Della letteratura veneziana del secolo XVIII, to. I, pag. 241, n. 1; Dandolo G., La caduta della Repubblica di Venezia ed i suoi ultimi cinquanta anni, to. I, p. 25; Erber T., Storia della Dalmazia dal 1797 al 1814, to. I, p. 76; Tamaro, La Vénétie Julienne et la Dalmatie, to. III, p. 332.
Gabriele d’Annunzio ne rinfrescò la memoria nella sua Lettera ai Dalmati (Venezia, 1919) che suscitò tanto clamore: e delle parole Ti con nu nu con ti fece il motto dell’impresa per la Squadriglia aerea di San Marco, da lui comandata: l’impresa in un bel legno inciso da Adolfo de Carolis o de Karolis orna il frontespizio della citata Lettera ai Dalmati e dell’altro opuscolo polemico che a questa fa seguito: Aveux d’un ingrat (Paris, 1919). Ma qui affrettiamoci a dire che copiosissima è la serie dei motti o imprese dannunziane relative alla presente guerra. Il Poeta sempre si dilettò molto di nuovi motti, latini o volgari e qualcuno è già registrato nei precedenti capitoli, ma infinito è il numero di quelli ch’egli mise fuori nelle molte cose da lui scritte o dette o che applicò a imprese simboliche nei libri, nella corrispondenza, su bandiere o altri oggetti. Io non pretenderò davvero di raccoglierli tutti, ma mi contenterò di spigolarne alcuni che ebbero maggior fortuna. Prescindendo da quelli anteriori alla guerra e dei quali mantenne l’uso nei primi tempi, come il Per non dormire che è una delle sue più antiche divise (già dei tempi della Capponcina), furono poi tra le sue preferite quella bellissima O spezzar o giugnere, che è spiegata dall’impresa dell’arderò che tende l’arco, di cui Adolfo de Carolis fece un bel legno per la carta da lettere del Comandante e l’altra Io ho quel che ho donato, di cui lo stesso D’Annunzio rivelava l’origine in una lettera ad Alessandra Porro, la soave fidanzata di quell’eroe purissimo che si chiamò Falciai Paulucci di Càlboli: «Penso per Lei quel meraviglioso motto italiano del 400, ch’ebbi la ventura di scoprire inciso in una pietra di focolare: I’ho quel che ho donato» (Toeplitz, F. Paulucci di Càlboli nelle lettere ad Alessandra, Milano, 1920, p. 221). Altri legni dello stesso valentissimo silografo De Carolis furono; preparati per la carta della Prima Squadriglia Navale (S. A.) col motto - formato delle stesse iniziali - Semper Adamas ovvero Sufficit