Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
614 | Chi l’ha detto? | [1824] |
giorni dopo si facevano circolare nelle principali città d’Italia, stampati alla macchia o dattilografati, dei foglietti che contenevano un preteso testo del comunicato che si diceva anteriore all’autentico, e che segnalava anche i nomi di alcune brigate la cui condotta era stata riprovevole — e i nomi delle brigate erano variati abilmente da un luogo all’altro - e invocava la maledizione della patria e di Dio sui traditori. Ne do il testo, sopprimendo i nomi che del resto, come ho detto, non erano sempre gli stessi: «Sotto l’impeto nemico e più ancora per l’ignobile tradimento di alcuni reparti della seconda Armata e precisamente delle brigate.... (4 nomi), il nemico ha potuto penetrare nel sacro suolo della Patria. Che Dio e la Patria le maledica! Addito all’estremo disprezzo del
mondo intero le brigate.... (altri due nomi) che ignominiosamente e volontariamente hanno ceduto le armi che furono ad esse affidate pel bene della Patria». Un comunicato ufficiale del governo dichiarava che quel preteso bollettino era apocrifo e ciò fu confermato anche dalle indagini della Commissione d’Inchiesta su Caporetto: si trattava evidentemente di una oscura manovra di agenti nemici o di disfattisti che l’autorità non riuscì a identificare. Si noti che esso fu largamente diffuso fra le nostre truppe al fronte e nelle città costiere a mezzo di aeroplani e idroplani nemici. La storia del comunicato Cadorna è stata fatta nella relazione della citata Commissione d’Inchiesta, intitolata Dall’Isonzo al Piave; 24 ottobre 9 novembre 1917 (vol. II, pag. 545-549, Roma 1919); e, con qualche particolare poco noto, dal generale Ettore Viganò nel volume: La nostra guerra (Firenze 1920, pag. 374), dove fra altre cose è detto che la modificazione alla prima redazione del comunicato «fu fatta, appena arrivò il telegramma a Roma, dal senatore [Vittorio] Scialoja (che era allora ministro senza portafoglio, incaricato della propaganda) perche non arrivasse ai giornali nella spaventosa dizione originale».
Ben altra intonazione troviamo in un ordine del giorno del Cadorna stesso, e di cui la paternità fu ben rivendicata da lui, che vi espresse «la fede mai smentita nei destini d’Italia e nell’esercito, dal cui eroismo tali destini dipendevano». Il 7 novembre 1917, due giorni prima che il Cadorna lasciasse il comando, quando già l’esercito occupava le nuove linee di difesa sulla Piave, egli lanciò un ordine del giorno che così finisce: «Sappia ogni comandante,