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568 Chi l'ha detto? [1695-1697]

un ambasciatore Cesareo al quale fa dono di quella impresa, concedendogli di usarla, scriverla, portarla ecc. «in quel modo et forma che noi potemo et facemo che siamo state la inventrice, et habiamola facta nostra impresa peculiare.» Mario Equicola aveva su di essa scritto un libro «de circa quaranta carte», libro che fu stampato ma che non è giunto sino a noi: e di cui argutamente la stessa Isabella scriveva alla Cantelma che quel motto «da noi cum tanti misterii non fu facto cum quanti lui gli attribuisse » Solito destino dei commentatori! (A. Luzio e R. Renier nel Giorn. stor. della letter. ital., vol. XXXIII, 1899, pag. 50-51, in n.).







§ 73.



Tavola, cucina, vini, altre bevande





1695.   Sine Cerere et Libero (non Baccho) friget Venus.1

(Terenzio, Eunuchus, a. IV, sc. 6, v. 731).


e assieme con Venere tremerebbero di freddo e di debolezza molti altri dei e dee, a cominciare dalla dotta Minerva, poiché sacco vuoto non sta ritto.

Nel poema dantesco possiamo trovare diverse frasi nelle quali ricorrono le idee di mangiare e di cibo, e quindi possono citarsi in occasioni buccoliche; ecco per esempio le seguenti:

1696.   ....Dopo il pasto ha più fame che pria.

(Inferno, c. I, v. 99).
ed è la simbolica lupa che « a natura sì malvagia e ria, che mai non empie la bramosa voglia»;

1697 .   La bocca sollevò dal fiero pasto
Quel peccator....

(Inferno, c. XXXIII, v. 1-2 ).
  1. 1695.   Senza Cerere e Bacco, Venere è gelata.