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[1552-1553] | Saviezza, pazzia | 523 |
che seppe restar sano di cervello mentre una maligna influenza delle stelle sconvolse la mente a tutti, e ci guadagnò di esser chiuso in un manicomio.
In senso analogo, ma non identico, consigliò uno scettico filosofo francese di cercar sempre di parere meno furbo di quel che si è, poiché:
1552. C'est une grande habileté que de savoir cacher son habileté. 1
Questo era da dirsi in merito alla pazzia generale, o epidemica che dir si voglia: in quanto alla pazzia individuale, o sporadica, comincerò col citare il notissimo:
1553. Quem (o Quos) Juppiter (o Deus) vult perdere, dementat prius. 2
Notissimo! sta bene, ma chi l'ha detto? questa poi è un'altra questione. Brunetière nella prefazione del Manuel de l'histoire de la littérature française dichiarava modestamente: «Et je me suis mis à.... plusieurs, pour ne pas réussir à savoir d’où vient l'adage Quos vult etc.»; mentre fin dal 1771 il Gentlemen's Magazine ne faceva una pubblica interrogazione cui nessuno dava risposta soddisfacente. Certo è che nessuno dei poeti latini dell’età felice scrisse questo verso, più o meno armonioso; Vellejo Patercolo (lib. II, cap. 57 e 118) disse qualcosa di simile, ma in prosa: Ita res se habet, ut plerumque qui fortunam mutaturus est consilia corrumpat, ed ugualmente Publilio Siro (Mimi, ed. Ribbeck, n. 490): Stultum facit Fortuna, quem vult perdere e così altri classici espressero in altra forma lo stesso pensiero. Il prof. S. Chabert che in un erudito studio «Juppiter dementat» nella Revue des Études Anciennes di Bordeaux, to. XX, n. 3 (juillet-septembre 1918, pag. 141-163) espone le sue inte-