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[1545-1547] Sapere, studio, ignoranza 521


dance to the works of Horace di Lane Cooper, pubblicato a cura della Carnegie Institution a Washington nel 1916, per assicurarsi che la sentenza non è in Orazio, e che nulla di simile vi si trova, salvo un verso delle Satire (lib. I, sat. 4, v. 106): Ut fugerem exemplis vitiorum quaeque notando, che però ha tutt’altro significato.

Nell’Andria di Terenzio (a. I, sc. 3, v. 194), il servo Davo interrogato dai padrone su cose ch’egli non intende, risponde:

1545.   Davus sum, non Œdipus.1

Il quale Edipo, come tutti sanno, seppe spiegare l’enigma della Sfinge.

1546.   O sancta semplicitas!2

avrebbe esclamato Giovanni Hus (non Huss) il 6 luglio 1415, a Costanza, quando attendendo la morte sul rogo cui era stato condannato dal celebre Concilio, vide un contadino (o secondo altri una vecchierella) che mosso dall’ignoranza e dal fanatismo correva a gettare sulle fiamme altre fascine (ma pare che si tratti di una leggenda, poichè l’aneddoto è completamente ignorato dai narratori contemporanei e testimoni oculari della eroica morte del riformatore; vedi Louis Léger, Le cinq-centième anniversaire du supplice de Jean Hus, nella Bibliothèque Universelle et Revue Suisse, to. LXXIX, juillet 1915, pag. 22 in n.); — mentre Ovidio rimpiangeva che questa virtù si fosse ormai fatta così rara:

1547.             .... Aevo rarissima nostro
          Simplicitas.3

(Ars amandi, v. 241-242).
  1. 1545.   Io sono Davo, non sono Edipo.
  2. 1546.   O santa semplicità!
  3. 1547.   La semplicità, cosa rarissima a’ nostri tempi.