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[1498-1502] Risolutezza, sollecitudine, ecc. 507


1498.   Dunque che è? perchè, perchè ristai?
     Perchè tanta viltà nel core ailette?
     Perchè ardire e franchezza non hai?

(Inferno, c. II, v. 121-123).

1499.   Perchè l’animo tuo tanto s’impiglia,
     Disse il maestro, che l’andar allenti?
     Che ti fa ciò che quivi si pispiglia?
Vien dietro a me, e lascia dir le genti!
     Sta come torre ferma, che non crolla
     Giammai la cima per soffiar de’ venti.

(Purgatorio, c. V. v. 10-15).

La frase dantesca lascia dir le genti trova il suo riscontro in altra, dello stesso Divin Poeta, anche più colorita:

1500.   [E] Lascia pur grattar dov’è la rogna.

È Cacciaguida che così parla al suo lontano nipote. Modo proverbiale, ma poco degno di un’anima beata del Paradiso, annota non senza giustezza lo Scartazzini. Il proverbio, almeno in Toscana, così suona: «Chi ha la rogna se la gratti». Il seguente verso del Petrarca indica lo stato di animo di un irresoluto:

1501.   Da me son fatti i miei pensier diversi.

(Canzone in vita di M. Laura, num. II. se-
condo il Marsand comincia: Verdi panni,
sanguigni, oscuri o persi, v. 36 canz. III
dell’ediz. Mestica).

cioè i miei pensieri combattono meco medesimo, alla quale condizione di animo si applica pure una curiosa metafora, conosciuta sotto il titolo de:

1502.   L’asino di Buridano.

e di cui l’origine sarebbe la seguente.

Giovanni Giovanni Buridan, uno dei più celebri e più abili propugnatori del nominalismo, e che fu rettore dell’università di Parigi nel 1327, inclinava nelle sue teorie filosofiche al fatalismo, e fra