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[1466-1467] | Religione, Iddio | 495 |
il medesimo fatto: «Veniens autem subito quasi sagitta terribilis de aëre percussit eum in mamillam, quumque sanguis ex omni parte flueret, aspiciens sursum, putavit, se Dominum Jesum videre, implensque manum suam de sanguine jactavit in aëre dicens: Usque in finem, Galilæe, persequeris me et ecce superasti me: sed ego edam te hac hora negabo, licet positus in articulo mortis.» Non occorre dire che questo testo, benché l’anonimo autore dica di aver vissuto alla corte di Giuliano in Antiochia, e di averlo accompagnato nell’ultima sua spedizione, è sprovvisto di ogni autorità. Anche il Sozomeno nella Storia Ecclesiastica ripete il medesimo racconto, però egli pure osserva che poche persone vi prestavano fede.
Tutto sommato, si può concludere cha l’ateismo va messo in un canto, se si ha da credere a un giudice non sospetto, lo stesso Voltaire, il quale affermava che:
1466. Si Dieu n’existait pas, il faudrait l’inventer.1
des Trois Imposteurs, 1771, v. 22).
Il giudizio di Voltaire (che forse s’ispirò a una frase di John Tillotson, Sermon, 93: «If God were not a necessary Being of himself, he might almost seem to be made for the use and benefit of men») fu accettato dagli uomini della prima Rivoluzione, dai fondatori del culto dell’Ente Supremo, poichè anche Robespierre nei suoi Discours politiques scrisse: «L’athéisme est aristocratique. L’idée d’un grand Ètre, qui veille sur l’innocence opprimée et qui punit le crime triomphant, est toute populaire. Si Dieu n’existait pas, il faudrait l’inventer.» Ma non ebbe uguale fortuna presso gl’insorti comunardi del 1870, uno dei quali lo parodiò nel blasfema notissimo:
Si Dieu existait, il faudrait le fusiller.
Chiudiamo perciò questo lungo paragrafo con una devota antifona:
1467. Laudate pueri Dominum: laudate nomen Domini.2