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490 Chi l’ha detto? [1454]


racconto di Plutarco nel trattatello De oraculorum defectu. Lo ripeto qui valendomi del volgarizzamento di Sebastiano Ciampi. «Epiterse, .... raccontava che una volta imbarcatosi per la Italia sopra una nave carica di ricche merci, e piena di una turba di passeggieri, sulla sera, trovandosi verso le isole Echinadi, il vento abbassò, e la nave andando qua e là con direzione incerta, venne ad avvicinarsi a Paxò. Delle genti di sulla nave molte eran deste, e molte, avendo cenato, continuavano a bere. All’improvviso fu sentita una voce uscita dall’isola di Paxò, che a gran tuono chiamava: Tamo; di che la maraviglia fu grande. Questo Tamo, egiziano di patria, era il piloto; ma non conosciuto per nome dalla maggior parte di que’ che erano sulla nave. Chiamato due volte, non rispose: finalmente alla terza, diè orecchio. Allora colui che chiamava, rinforzata la voce disse: Quando sarai giunto a Palode, dai la nuova che Pane grande è morto [il testo greco: ὅτι Πὰν ὁ μέγας τέθνηκε]. Raccontava Epiterse che tutti, udito questo, si spaventarono, e che, consigliandosi se fosse meglio eseguir l’ordine, o non se ne dare per inteso: Tamo decise di lasciar correre, qualora, rialzandosi vento, avesse potuto tirar via cheto cheto; ma se poi giunto al posto facesse calma e bonaccia, avrebbe in quel caso annunziato ciò che avea udito. Diceva che infatti, arrivati a Palode senza vento, e senza movimento d’acqua, Tamo di sulla poppa con la faccia rivolta verso terra annunziò, come avea udito, che Pane grande era morto. Non ebbe per anco finito di dire che fu inteso gran gemito misto a voci di sorpresa non d’un solo, ma di moltissimi: e come che vi si erano trovate presenti molte persone, velocemente se ne la notizia fino a Roma; e Tamo fu chiamato colà dall’imperatore Tiberio. Aggiungono che questi gli prestò fede a segno d’aver fatto premurose ricerche e dimande intorno a quel Pane grande. Gli eruditi, che in gran numero tenevasi attorno Tiberio, non seppero congetturare altro, se non che quel Pane grande essere il Pane nato da Mercurio e da Penelope. A Filippo [che è il narratore del dialogo di Plutarco] fu confermato il racconto anche da qualcuno degli astanti, che erano stati discepoli di Emiliano.» Non passerò sotto silenzio che per alcuni filologi tutto questo racconto è un’interpolazione dì qualche monaco o altro zelante, per farne poi l’applicazione alla morie di Gesù Cristo. Uno studio critico sul-