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[1451-1454] | Religione, Iddio | 489 |
e col sostenere che
1451. Primus in orbe Deos fecit timor.1
verso che si trova testualmente in Petronio (Fragm., 27, ed. Buecheler), da cui forse lo trasse Stazio, e che è stato audacemente imitato da Crébillon nel verso citato al n. 1349: La crainte fit les dieux; l’audace a fait les rois.
Si confrontino anche le parole di Orazio:
1452. Cælo tonantem credidimus Jovem
Regnare.2
Perciò altri applica alla religione in generale quel che era stato detto degli Dei gentili in particolare:
1453. Les Dieux s’en vont.3
Nell’ultimo libro (XXIV) dei Martiri di Chateaubriand, dopo che Eudoro e Cimodocea sono caduti nel Colosseo sotto i denti della tigre, «la foudre gronda sur le Vatican, colline alors déserte, mais souvent visitée par un esprit inconnu; l’amphithéâtre fut ébranlé jusque dans ses fondements; toutes les statues des idoles tombèrent, et l’on entendit, comme autrefois à Jérusalem, une voix qui disait: Les Dieux s’en vont.» Lo Chateaubriand qui certamente si riferisce al racconto di Giuseppe Flavio, dove parla dei segni che precedettero e preannunziarono la rovina di Gerusalemme (De bello Judaico, lib. VI, cap. 5, § XXXI). Fra gli altri portenti, egli narra che la notte di Pentecoste i sacerdoti entrando nel tempio, udirono gran rumore e movimento e quindi una voce che pareva gridare a una moltitudine radunata, Andiamocene di qui (Μεταβαίνομεν ἐντεῦθεν).
In molte occasioni, ove avverrebbe citare la frase testè ricordata, vi si sostituisce la seguente:
1454. Il gran Pane è morto.
Questa frase, che si ripete a indicare la decadenza e la morte di cose e istituzioni già venerate e fiorenti, trova la sua fonte in un