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470 Chi l’ha detto? [1389]


di Carlo V Imperatore celebrata l’anno MDXXX (Bologna 1842, a pag. 141) narra che l’imperatore, nella chiesa di S. Domenico, «riprendendo ancora il manto e la corona, di subito trasse dalla vagina lo stocco ignudo, e col toccar di questo leggermente su le spalle di nobili candidati fece all’istante più di duecento cavalieri»; e in nota poi aggiunge (n. 490 a pag. 134 della seconda paginatura: «In una Relazione mss. che noi possediamo fra le altre cose in copia, tratta da sincrono autografo si legge : l’Imperatore con la spada nuda toccava la testa di chi voleva esser cavaliere e dicevagli: Esto miles: ma allora furono tanti i chieditori affollati intorno a lui, quali dicevano: Sire, Sire, ad me, ad me, che egli costretto e stanco, sudando persino nella faccia, per togliersi da quella calca, inchinò sopra tutti la spada, ed esprimendosi verso i cortigiani colle parole: no puedo mas, per finire soggiunse: Estote milites; estote milites, todos, todos: e così replicando, gl’istanti si partirono cavalieri e contentissimi».

Simile narrazione si fa in Alghero, città della Sardegna a poca distanza da Sassari, dove Carlo V si fermò due giorni, il 7 e l’8 ottobre del 1541, veleggiando per la sfortunata impresa di Algeri. Si vede ancora nella piazza Civica, la casa già dei march. d’Albis ora dei nob. D’Arcayne dove il Sovrano fu ospitato e si addita ancora la finestra, oggi murata per reverenza del principe, da cui egli si affacciò e lanciò agli algheresi che lo applaudivano, il Todos Caballeros (tutti cavalieri) che li farebbe tutti legittimamente investiti dell’onorifico titolo. Ma lo scarso fondamento della leggenda è anche dimostrato dal fatto che ne tace l’illustre storico della Sardegna, Giuseppe Manno, il quale pure era d’Alghero, e si diffonde con molta compiacenza nei più minuti particolari di questa visita imperiale alla dolce terra ove nacque: e narra infatti in 4 pagine molti piccoli episodi, aggiunge anzi che il sovrano armò col cingolo equestre vari distinti personaggi (e ne dà i nomi) ma tace affatto di questa investitura collettiva, ciò che dimostra ch’essa non era nemmeno ricordata in una relazione minuta dell’avvenimento, compilata nel giorno stesso della partenza di Carlo e depositata nell’Archivio della città, sulla cui scorta egli stese la sua narrazione (Storia di Sardegna, to. III, Torino 1826, pag. 254).