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16 Chi l'ha detto? [49-51]

49.   Haec habeo, quæ edi, quæque exsaturata libido
Hausit; at illa iacent multa et præclara relicta.1

e ricorda che a proposito di questa iscrizione, Aristotele notò: «Che altro scriveresti sul sepolcro non di un re, ma di un bove?» E Strabone (XIV, 9), avvertendo che erano notissimi i versi suddetti, cita anche le parole che in lettere assire erano scolpite ad Anchiale, città di Cilicia, sulla tomba del re, sotto la statua di lui, figurato in atto di scoppiettare con le dita della mano destra. Ivi lo sconcissimo re parlava così: «Mangia, bevi, vivi allegramente, perchè tutto il resto non vale questo scoppiettar delle dita.» Vedi anche Clearco, in Ateneo, XII, 39.

Lo stesso consiglio di Sardanapalo si trova, parrebbe perfino impossibile se non si avvertisse che è riferito per dispregio, nel Nuovo Testamento, dove è detto:

50.   Manducemus et bibamus, cras enim moriemur.2

L’altro motto, non meno famoso,

51.       Wer nicht liebt Wein, Weib und Gesang
Der bleibt ein Narr sein Lebelang.3

è attribuito nientemeno che a Lutero e come cosa di lui fu scritto circa 50 anni fa nella taverna del castello di Wartburg, celebre nella storia di Lutero. Secondo che dice Redlich in Die poetischen Beiträge zum Wandsbecker Bothen (Hamburg, 1871), pag. 57, questi versi sono assai probabilmente di Joh. Heinr. Voss (1751-1826), il quale li pubblicò per la prima volta nei Wandsbecker Bothen del 1775, n. 75, entro una «Devise an einen Poeten»; quindi, da soli, nel Musenalmanach del 1775 (Hamburg) a pag. 107, ponendovi sotto la firma D. Martin Luther, ciò che


  1. 49.   I soli miei beni sono quelli che la gola e la più raffinata libidine mi procacciarono; non mi curai delle molte altre cose, anche più nobili.
  2. 50.   Mangiamo e beviamo, chè domani verrà la morte.
  3. 51.   Chi non ama il vino, la donna e il canto, sarà un pazzo per tutta la vita.