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[1319-1320] Probità, onoratezza, fedeltà alle promesse 447


L’Assemblea dei Rappresentanti delle provincie modenesi nella seduta del 7 novembre 1859 votava una legge con la quale gli si assegnava come dono nazionale la tenuta di Castelvetro. Subito dopo la votazione al Presidente era recapitato un biglietto del Dittatore, nel quale molto asciuttamente esprimeva i suoi sensi di riconoscenza ma lo pregava di far sapere agli onorevoli rappresentanti del popolo che non poteva accettare il dono. «Condottisi il Presidente Malmusi ed alcuni deputati presso il Signor Dittatore non appena letta la riferita lettera, esprimevano il rammarico prodotto in loro dalla medesima e ne ottenevano tale risposta da sollevare la fama di lui più alto ancora, se pur fosse possibile. Terminava egli con queste ammirabili parole: “Non mi tolgano, o signori, la gloria di morir povero”.» (Le Assemblee del Risorgimento, vol. I, Roma 1911, pag. 570).

Uno dei principali elementi della probità è senza dubbio la fede alla promessa data, la quale, secondo Cicerone, è fondamento della giustizia:

1319.   Fundamentum (autem) est justitiæ fides, id est dictorum conventorumque constantia et Veritas.1

(De Officiis, i, 7, 23).

Benedetto colui che giunto al tramonto dei suoi giorni, può dire con l’Apostolo:

1320.   Bonum certamen certavi, cursum consummavi, fidem servavi.2

(S. Paolo, Epist. II ad Timoth., cap. VI. v. 7).

Il secondo inciso è preso metaforicamente dai giuochi del circo dei Greci e dei Romani (donde anche altre locuzioni e parole dell’uso moderno, p. es. carriera). Invece biasimevole, ed anzi spregevole è l’uomo che tradisce chi confida in lui e fa come quello del proverbio antico che

  1. 1319.   Fondamento della giustizia è la fede, cioè la costanza e la sincerità nel mantenere le cose dette e convenute.
  2. 1320.   Ho combattuto nel buon arringo, ho terminata la corsa, conservata la fede (Martini).