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[1313-1315] Probità, onoratezza, fedeltà alle promesse 445


Ma in compenso, volete sentire con qual semplice e dignitosa nerezza l’uomo probo può parlare dei casi suoi? Udite il Parini:

1313.         Me non nato a percotere
          Le dure illustri porte,
          Nudo accorrà, ma libero,
          Il regno de la morte.
          No, ricchezza nè onore
          Con frode o con viltà
          Il secol venditore
          Mercar non mi vedrà.

(La vita rustica, ode, str. 4).
«Questa strofa, dice il Carducci (Il Parini minore, ed. 1903. pag. 140). è bella in tutto e per tutto, per la verità del sentimento e per la rispondenza dell’espressione: dopo i poeti del Trecento e dopo l’Ariosto nelle Satire, nulla di altrettanto nobile era uscito dal petto di poeta italiano.»

Non altrimenti, benchè più brevemente, diceva di sè un altro illustre poeta lombardo:

1314.              Vergin di servo encomio
          E di codardo oltraggio.

E poichè ho nominato il Manzoni ricorderò gli altri nobilissimi versi di lui:

1315.                        .... Il santo Vero
Mai non tradir; nè proferir mai verbo
Che plauda al vizio o la virtù derida.


È l’ombra dell’Imbonati che cosi parla al poeta. Questi versi lessi scritti, non esattamente, nel 1887, dal defunto Don Pedro II d’Alcantara, imperatore del Brasile, sull’albo dei visitatori alla Sala della biblioteca Braidense di Milano che raccoglie i manoscritti e le edizioni del Manzoni. E sempre a proposito del Manzoni