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406 | Chi l’ha detto? | [1220] |
proclamata a Parigi la decadenza della dinastia Napoleonica, fuggita il 4 settembre 1870 l’imperatrice reggente, la Principessa Clotilde, sdegnando i consigli di chi le raccomandava di allontanarsi immediatamente, non volle partire che l’indomani mattina, dopo ascoltata la sua solita messa, dopo fatta ai suoi prediletti infermi del vicino ospedale la sua solita visita; ed al suggerimento di fare alzare i cristalli della carrozza perchè la gente affollata nelle vie non la riconoscesse, rispose con le nobili parole:
1220. Peur et Savoie ne se sont jamais rencontrées.1
e a fronte alta, nella sua vettura, con le sue livree, da principessa e non da fuggitiva, partiva dalla città insorta, senza che alcuno osasse farle affronto, anzi inchinata da tutti. Il fatto e le parole sono ricordati da uno dei suoi biografi, il P. Lodovico G. Fanfani, dell’ord. dei Predic., nel volume: La Principessa Clotilde di Savoia, biografia e lettere (Grottaferrata, 1913, a pag. 29). Anche il De La Gorce nella Histoire du Second Empire, to. VII (Paris, 1905, a pag. 430) conferma il fatto senza però riportare le parole: «Le lendemain, toutes les traces de l’Empire avaient disparu.... De l’Imperatrice on ne savait rien.... La princesse Clotilde était demeurée au Palais Royal. Elle partit la dernière, sans se hâter, dans sa propre voiture, en vraie princesse qui ne veut ni braver, ni craindre». Del resto è nota perchè stampata più volte (e anche nel cit. libro del P. Fanfani, a pag. 25) una bellissima lettera della principessa al padre che pochi giorni avanti le aveva scritto sollecitandola a lasciare subito Parigi: «Non ho la menoma paura; non capisco nemmeno ch’io possa aver paura. Di che? e perchè? Il mio dovere è di rimanere qui tanto che lo potrò, dovessi io restarci e morirci: non si può fuggire dinanzi al pericolo». E più oltre: «Rifletta a tutto questo, caro Papà mio, ci pensi bene, vedrà che mi darà ragione, ne sono convinta. Lei non partirebbe, i fratelli, Maria pure non partirebbero. Non sono una principessa di Casa Savoia per niente».
Nei giorni più tristi del terrore austriaco in Lombardia, il popolano milanese Amatore Sciesa (Amatore, non Antonio, come
- ↑ 1220. La paura e i Savoia non si sono mai incontrati.