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402 | Chi l’ha detto? | [1216-1217] |
Ma poi rimase lì come berlicche,
Quando un cappon, geloso del pollaio,
Gli minacciò di fare il campanaio.
Una risposta simile a quella di Pier Capponi, fu data da Pasquale Marangio, giureconsulto e sindaco della città di Lecce per più anni (eletto nel 1801). «Non posso asseverare a qual Comandante in capo di Turchi o di Moscoviti, di Camisciotti, di Cavallari, di Cacciatori, che funestarono la città dalla fine del decorso a’ principii del corrente secolo, egli (visto che lo si voleva sopraffare colla forza, e che gli si parlava di cannoneggiare la città), rispose: — Ebbene! Tu tieni i Cannoni, io tengo la Campana; — e così fece sbollire la superbia del barbaro» (De Simone, Lecce e i suoi monumenti, vol. I, Lecce, 1874, pag. 247).
La Francia, che può vantare fra i suoi prodi un Pierre Bayard [1476-1524], chiamato già dai contemporanei (come si riscontra in cronisti sincroni):
1216. Chevalier sans peur et sans reproche.1
va giustamente fiera che uno dei suoi figli più gloriosi abbia potuto dire:
1217. Impossible n’est pas un mot français.2
frase attribuita a Napoleone I, il quale infatti scriveva da Dresda il 9 luglio 1813 al governatore di Magdeburgo, il conte Lemarois: «Ce n’est pas possible, m’écrivez-vous: cela n’est pas français.» (Correspondance de Napoléon Ier, to. XXV, pag. 558, lettre n.° 20256). Si racconta che il principe Luigi-Napoleone Bonaparte (poi Napoleone III) quando fu processato a Parigi per il tentativo bonapartista di Boulogne del 6 agosto 1840 e condannato dalla Camera dei Pari il 6 ottobre successivo alla prigione perpetua in una fortezza, voltosi al cancelliere dopo la lettura della sentenza, gli disse: «Monsieur, on disait autrefois que le mot impossible n’était pas français; aujourd’hui, on peat en dire autant du mot perpétuel» (Lebey, Les trois coups d’état de Louis-