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382 | Chi l’ha detto? | [1167] |
Cattaneo scrisse per l’albo di Michele Della Rocca, a Lugano, nel giugno 1850, una imitazione o risposta all’inno mameliano che intitolò: Controcanzone Ai fratelli d’Italia:
Che dite? L’Italia
Non anco s’è desta.
Convulsa, sonnambula
Scrollava la testa.
Si veda: C. Cattaneo, Scritti politici ed epistolario, vol. II, (Firenze, 1894), pag. 15.
1167.
Va’ fuora d’Italia, va’ fuora ch’è ora
Va’ fuora d’Italia, va’ fuora, o stranier.
È il ritornello dell’Inno di Garibaldi, composto da Luigi Mercantini e musicato da Alessio Olivieri. «L’autore aveva scritto ch’è l’ora: i volontari e il popolo, cantando, hanno corretto ch’è ora, e l’autore accetta la correzione popolare.» Così nota il Mercantini stesso.
Di quest’inno, il cui primo verso è, com’è noto:
Si scopron le tombe, si levano i morti,
già accennai brevemente al n. 728. Garibaldi chiese a Mercantini di comporgli quest’inno il 19 dicembre 1858; il Mercantini quasi lo improvvisò, trovò subito il maestro cremonese Alessio Olivieri che lo mise in musica, e lo fece provare la sera del 31 alla villa dello Zerbino, sul Bisagno, in casa di Gabriele Camozzi. Questo è il racconto che fa lo Ximenes nel volume Garibaldi e i suoi tempi; racconto che si trova riprodotto, con molte curiose aggiunte e con belle illustrazioni storiche, nella rivista Musica e Musicisti, fasc. di Dicembre 1905 (anno 60°), pag. 772 e segg. Con maggiori particolari era stata descritta la scena da Costanza Giglioli (La prima prova dell’Inno in Fanfulla, 13 ottobre 1883) che la ricostruì su la testimonianza di uno dei Mille: ma su tale narrazione furono espressi dei dubbi, per i quali si veda La rievocazione nazionale di Luigi Mercantini di Aristide Manassero (in Varietas, dicembre 1914, pag. 985 e segg.). Vedasi pure l’opuscolo già citato di Carlo Lozzi: La «Marsigliese» degli Italiani e la «Marcia Reale» (Milano. Ricordi, 1896). L’inno di Garibaldi però non ebbe il battesimo del sangue che nella gloriosafix