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[1164-1166] Patria in generale; e l’Italia in particolare 381


1164.   Vivo sepolcro a un popolo di morti.

(Gingillino, p. II, str. 7).

E nella ode La Consulta Araldica (fra i Giambi ed Epodi) così Giosuè Carducci rinnova il medesimo rimprovero:

1165.   Oh non per questo dal fatal di Quarto
     Lido il naviglio de i mille salpò,
Nè Rosolino Pilo aveva sparto
     Suo gentil sangue che vantava Angiò.

Ecco alcune altre reminiscenze di inni patriottici di quella gloriosa età sui quali in generale si possono consultare con profitto: Caddeo R., Inni di guerra e canti patriottici del popolo italiano, 2a ediz. (Milano, 1915) e Santoro D., Gl’inni del Risorgimento italiano (Campobasso, Colitti, 1917).

1166.        Fratelli d’Italia,
          L’Italia s’è desta;
          Dell’elmo di Scipio
          S’è cinta la testa.

è il principio del fatidico Inno composto nel settembre 1847 da Goffredo Mameli, il biondo Tirteo dell’epopea romana del 1849, inno di cui ad istanza del Mameli stesso compose la musica il maestro Michele Novaro nella notte tra il 23 e 24 novembre 1847. Ne narrarono la storia Ferdinando Resasco nella Tribuna illustrata del 22 dicembre 1895, il Lozzi nell’opuscolo citato di sopra e con maggior diffusione Anton Giulio Barrili a pag. 25 e segg. del Proemio agli Scritti editi e inediti di Goffredo Mameli (Genova, 1902), dove a pag. 155 è stampato l’Inno medesimo e pubblicato il facsimile della prima minuta autografa. Scriveva il Carducci: «Oggi i giornali umoristici posson ripetere scherzando, “I bimbi d’Italia Son tutti Balilla”: allora ai versi del suo poeta l’Italia assentiva coi fatti; e Palermo, Milano, Messina, Bologna, Brescia, Roma, Venezia si levavano dalla storia raggianti di trionfo, o superbamente affocate e affumicate dalle bombe e dagl’incendi, divinamente lacere, sanguinose, straziate, affamate, a rispondere: — È vero, è vero» (Opere, III, pag. 86). Carlo