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[1106-1107] | Parlare, tacere | 365 |
La ragione per la quale la lingua latina si permette delle arditezze che in volgare non si oserebbero, è non tanto perchè il latino è la lingua dei dotti, quanto più semplicemente perchè sono in minor numero coloro che lo capiscono. Sotto questo aspetto, se si desse ascolto al parere del famoso Marchese Colombi, la geniale creazione di Paolo Ferrari, il quale lodava Vienna perchè non vi si fanno satire anonime,
1106. O le fanno in tedesco, e allor chi le capisce?
certe cose si potrebbero anche dire.... in tedesco.
Ovvero, qualcuno che non ha il coraggio di dirle, osa scriverle; anche Cicerone scriveva all’amico, l’istoriografo Lucceio, pregandolo di scrivere un libro sulle sue gesta:
1107. Epistola enim non erubescit.1
Veramente vi sono delle brutte cose che non si dovrebbero nè dire nè scrivere, specialmente ove possa udirle o leggerle chi può trarne occasione di scandalo, donne o fanciulli; ma a proposito di queste orecchie troppo facilmente scandalizzabili, cade in acconcio ricordare una spiritosa uscita di uno dei più geniali fra i nostri scrittori, alla quale, se pure non è molto citata ne’ suoi termini precisi, si fa assai di frequente allusione; e appunto per questo non è male di ricordarla qui esattamente. Ferdinando Martini, non ancora ministro nè governatore dell’Eritrea, scrivendo nel 1873 con lo pseudonimo di Fantasio sulle colonne del Fanfulla, lodò l’Eva, romanzo del Verga, che altri trovavano piuttosto immorale; e poichè un padre di famiglia gli scrisse lagnandosi del suo giudizio troppo benevolo, che avrebbe potuto indurlo a concedere la lettura di quel romanzo alla sua figliuola, ragazza di sedici anni, il Martini nell’articolo successivo scriveva: «Tutte le volte che un romanziere o un commediografo pigliano a trattare un argomento un tantino scabroso, non si sente che ripetere da ogni parte: — Le ragazze! le ragazze!... —
- ↑ 1107. Infatti lo scritto non diventa rosso.