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[14-17] Delle citazioni, dei libri e delle biblioteche 7

14.   Nullum esse librum tam malum, ut non aliqua parte prodesset.1

(C. Plinio Cecilio Secondo il giovane, Epistole, lib. III. ep. 5).

Perciò io spero indulgenza, e chi sa, fors’anche favore! infatti

15.                   Habent sua fata libelli2

emistichio che quasi costantemente è attribuito ad Orazio; ma che invece è di Terenziano Mauro (De literis, syllabis et metris: carmen heroicum, v. 1286, presso la fine del lib. II, De syllabis). Ecco il verso intiero:

Pro captu lectoris habent sua fata libelli.

Eccoci dunque a parlare dei libri, anzi già ci siamo venuti da qualche momento, discorrendo di questa povera opera mia. Non avrei voluto passare sotto silenzio la più importante delle sentenze, che al libro si riferiscono:

16.   Un livre est un ami qui ne trompe jamais.3

un bel verso che è la chiusa di un sonetto di Desbarreaux-Bernard, e che il drammaturgo francese René Charles Guilbert (più noto, dal luogo di sua nascita, sotto lo pseudonimo di Pixérecourt) aveva fatto stampare nell’ex-libris della sua ricca biblioteca (vedi Jardère, Ex-libris Ana, Paris, 1895, pag. 70, 72): come Teodoro Leclercq aveva invece posto sulla porta della sua, chiusa ermeticamente ai curiosi non meno che agli studiosi, la egoistica iscrizione:

17.       Tel est le sort fâcheux de tout livre prêté,
Souvent il est perdu, toujours il est gâté4


  1. 14.   Non esserci libro tanto cattivo, che non potesse in qualche parte giovare.
  2. 15.   Anche i piccoli libri hanno il loro destino.
  3. 16.   Un libro è un amico che non inganna mai.
  4. 17.   Tale è la sorte disgraziata di ogni libro prestato: perduto spesso, sciupato sempre.