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[1061] Orgoglio, ambizione, vanità, presunzione 347


Non mancano gli esempi storici di ostinazione, e uno dei più celebri è quello ricordato dalle parole:

1061.   Sint ut sunt aut non sint.1

Si dice che così rispondesse il P. Lorenzo Ricci, ultimo Generale dei Gesuiti, al papa Clemente XIV, che lo sollecitava a una riforma della Compagnia. Ved. la Vita del Sommo Pontefice Clemente XIV Ganganelli trad. dall’origin. franc. del sig. Marchese Caraccioli (Firenze, 1775), a pag. 115. «Vedeva in fine, che avevano eglino stessi acconsentito alla loro annichilazione col dichiarare senz’ambiguità per bocca del loro Generale, che avevan più caro di non più esistere, che di sottoporsi ad una riforma: Sint ut sunt, aut non sint.

«Questa risposta temeraria fece tanto maggior sorpresa, quantochè essi non ignoravano, che la Chiesa stessa si riforma in ciò che riguarda la disciplina, e che dovevano ricordarsi che Benedetto XIV parlando al Padre Centurioni loro Generale, gli aveva detto espressamente: Egli è di fede che io avrò un successore, ma non è di fede che ne averete uno ancor voi.

«Tanto è vero, che gli uomini che hanno più spirito, diventano facilmente ciechi sopra i loro propri affari, e che la reputazione che godevano i Gesuiti da lungo tempo, gli aveva abbagliati: Si credettero necessari, diceva il Cardinale Stoppani. e questo fu il loro male.» Ciò sarebbe seguito nel 1773.

D’altra parte il Crétineau-Joly, storico diligente ma anche sospetto di parzialità per la Compagnia, nella sua storia della soppressione dei Gesuiti (Clément XIV et les Jésuites, Paris, pag. 381), parlando del processo che dopo il breve di soppressione fu istruito contro la Società di Gesù, dice: «Le procès contre les Jésuites embarassait beaucoup plus les Cardinaux instructeurs que les accusés eux-mêmes; on résolut de le faire trainer en longueur. Ce fut alors qu’on exhuma les paroles, presque sacramentelles, mises dans la bouche de Ricci, ce fameux. Sint ut sunt, aut non sint, qui n’a jamais été prononcé, mais que tous les Pères de l’Institut ont pensé, car il était la conséquence de leurs vœux et de leur vie.» Ed in nota aggiunge: «C’est Caraccioli, dans son roman sur Clément XIV. qui attribue au P. Ricci ce mot devenu


  1. 1061.   O siano come sono, o non siano affatto.