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[1043-1047] | Orgoglio, ambizione, vanità, presunzione | 343 |
Parenti molto prossimi dell’ambizione sono l’orgoglio e la vanità. In quanto a vanità, credo che non potrebbe essere da alcuno superata quella di Cicerone, se sue veramente fossero le parole attribuitegli da Giovenale:
1043. O fortunatam natam me consule Romam.1
Era l’orgoglio che ispirava Argante quando al troppo audace Ottone rivolse le superbe parole:
1044. Renditi vinto; e per tua gloria basti
Che dir potrai che contro me pugnasti.
ed hanno ugualmente sapore di orgoglio misto ad arroganza queste altre:
1045. Rispondo che non rispondo.
dette nel Parlamento Subalpino da Giov. Filippo Galvagno, ministro dell’Agricoltura, poi dell’Interno, e quindi di Grazia e Giustizia nel gabinetto Delaunay-D’Azeglio (1849-52); e queste pure:
1046. Piace a me e basta.
dette dall’onor. Agostino Depretis in Parlamento rispondendo il 30 gennaio 1884 (2a tornata) all’onor. Bosdari per difendere i propri criteri di sicurezza pubblica: «Io credo di poter affermare alla Camera e all’onor. Bosdari che qui non entra stringimenti di freni, parole queste che mi furono attribuite con molta inesattezza. Dico quanto alle parole: sarò quel che volete quanto al metodo di governo; poichè capisco benissimo che a molti non può piacere; ma piace a me e basta» (Discussioni, vol. VII. pag. 5527). Dei pericoli dell’ambizione e dell’orgoglio avverte il poeta latino che
1047. .... Feriuntque summos
Fulmina mones.2