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[1007] Nazioni, città, paesi 325


celebre L’Eco del Vesuvio da lui edita; ma si trovano anche nella stretta finale del duetto fra basso comico e soprano nello spartito di Enrico Sarria, Il babbeo e l’intrigante.

Valicato il mare, prenderemo commiato dalla nostra bella patria salutando l’isola di Sardegna e i suoi forti abitatori, per i quali è glorioso ricordo l’antico proverbio:

1007.   Sardi venales (alius alio nequior).1

(Cicerone, Epist. ad Fam., lib. VII, ep. 24. 2).

comune presso gli antichi Romani a indicare cose di malagevole spaccio: e secondo Tito Livio (vedi nei suppl. del Freinshemio al lib. XX, cap. III) ebbe origine dopo il trionfo del pretore Tiberio Sempronio Gracco (a. 577 di Roma) che tornando dall’avere debellato la sedizione di Sardegna, ne trasse seco immenso numero di schiavi. «Contrapporsi potrebbe, è vero, all’autorità di Livio quella di Plutarco (Vita Romuli), il quale non agli schiavi di Sardegna, ma ai Vejenti della Toscana l’origine riferisce di tal motto, perchè i Toscani tutti da Sardi, città di Lidia, si diceano discendere. Io nondimeno porto opinione che nei detti volgari le facili letterali derivazioni siano da preporre a quelle più stentate, le quali col soccorso si sorreggono di recondite storiche origini: e giovami invece, più che il combattere l’opinione d’uno storico di tanto peso, come i nostri scrittori nazionali fecero finora, l’affrontare apertamente tutto il rigore di quella proverbiale ingiuria, ed accettarla non senza gloria, dicendo: poter agli schiavi della Sardegna convenire un motto attribuito ad un uomo straordinario della nostra età [Napoleone I] sugli schiavi d’un’isola alla Sardegna assai vicina. “Non lo niego, egli diceva, giammai i Romani comprarono schiavi della mia patria: essi sapevano che avrebbero tentato un’impossibil cosa nel farli piegare alla schiavitù.” (Mémorial de Sainte-Hélène, 29 mai 1816). Ed in verità io non posso che commendare i cittadini romani se nello scorrere le file degli schiavi venderecci, imbattendosi in qualcuno di quegli Iliesi e di quei Balari, e leggendo in quel loro cipiglio di libertà da essi non perduta nell’animo, aombravano a quel feroce aspetto, e giudicavano fra sè che non avriano il buon pro nel recarsi a


  1. 1007.   Sardi da vendere (l’uno più tristo dell’altro).