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[870-871] Morte 279


solenni trionfi, era usato nel vi secolo pure nella coronazione degli imperatori greci; ed è ugualmente ripetuto in molte altre occasioni della liturgia cattolica. Il Moroni (Dizion. di erudiz. storico-eccles., vol. LXX, pag. 90-93) narra che Pio III, coronato nel 1503, a tale cerimonia rimase talmente penetrato e commosso, anche perchè la sua salute era cadente per una piaga che gli impediva di stare in piedi, che gli sgorgaron le lacrime, quasi presago della prossima sua fine. Il suo pontificato infatti non fu che di 26 giorni. E Gregorio Leti nella sua romanzesca Vita di Sisto V, narra, vero o falso che sia, di questo pontefice, che, essendo egli incoronato in S. Pietro il 1° maggio 1585, «mentre si bruciava la stoppa, gli venne detto: S. Padre, così passa la gloria di questo mondo. Sisto V fuori dell’uso degli altri pontefici, che in quell’atto mai rispondono, con animo intrepido rispose ad alta voce: La gloria nostra non passerà mai, perchè non abbiamo altra gloria, se non che far buona giustizia. E poi voltatosi alli Ambasciatori Giapponesi, soggiunse: Dite alli vostri Prencipi nostri Figli il contenuto di questa nobile cerimonia.»






§ 46.

Morte



Ordino qui appresso per lingue e per autori la non breve serie delle frasi e delle sentenze che nel comune linguaggio si applicano alla morte e a ciò che le appartiene.

Molte ne troveremmo nelle Sacre Carte: ma ci contenteremo di tre o quattro fra le più note, per esempio:

870.   Semitam per quam non revertar, ambulo.1

(Giobbe, cap. XVII. v. 23).

871.   Melior est canis vivus leone mortuo.2

(Ecclesiaste, cap. IX, v. 4).

  1. 870.   Io batto una strada, per cui non ritornerò.
  2. 871.   È meglio un cane vivo che un leone morto.