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[848-853] Miserie della vita, condizioni dell’umanità 273


La prima di queste sentenze ricorda l’altro versetto del Salmista:

848.   Dies mei sicut umbra declinaverunt.1

(Salmo CI, vers. 12).

ed anche il Salmo CXLIII, v. 4: Homo vanitati similis factus est; dies ejus sicut umbra prætereunt. Essa corrisponde al pensiero del verso classico:

849.   Pulvis et umbra sumus.2

(Orazio, Odi, lib. IV, od.-7, v. 16).

o al verso italiano

850.   Dalla cuna alla tomba è un breve passo.

concettino finale di un celebro sonetto del Marini, La vita dell’uomo, che comincia:

          Apre l’uomo infelice, allor che nasce
               In questa valle di miserie piena,
               Pria che al sol, gli occhi al pianto.

Altri osservano poi col Petrarca che ancor più caduche le cose buone e le belle, giacchè:

851.   Cosa bella mortal passa e non dura.

(Petrarca, Sonetto in vita di M. Laura,

CXC secondo la num. del Marsand, co-
mincia: Chi vuol veder quantunque può

Natura; son. CCV nell’ed. Mestica).

Ugualmente malinconica è la riflessione di Goethe:

852.   Man lebt nur einmal in der Welt.3

(Clavigo, a. I. sc. 1).

Cerchiamo dunque di starci meno male che è possibile:

853.   Nolite ergo solliciti esse in crastinum.4

dice molto filosoficamente la Bibbia (Vang. di S. Matteo, cap. VI, v. 34), e soggiunge: «Crastinus enim dies sollicitus erit sibi ipsi:


  1. 848.   I miei giorni son passati come un’ombra.
  2. 849.   Siamo polvere ed ombra.
  3. 852.   Nel mondo si vive una volta sola.
  4. 853.   Non vogliate adunque mettervi in pena per il domani.

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